Due presidenti annaspano per accaparrarsi l’occasione di dimostrare dei risultati. Come sempre succede nei compromessi, dice Eric Walberg, nessuno dei due ne uscirà soddisfatto.

 

 

 

L’amministrazione statunitense si fa vanto della prossima conclusione di un nuovo Trattato per la Riduzione delle Armi Strategiche (START) con la Russia, che il presidente Barack Obama definisce l’accordo per il controllo delle armi più onnicomprensivo degli ultimi vent’anni. Sarà siglato a Praga l’8 aprile, dove Obama un anno fa lanciò la campagna per un mondo libero dalle armi nucleari, e che è destinata a diventare sede di una base di difesa missilistica degli Stati Uniti. Per il momento Obama ha ritirato quest’ultimo progetto al fine di placare i Russi.

 

A discapito del fatto che questo sia l’unico barlume di pacifismo da Washington in quasi vent’anni, la reazione negli Stati Uniti è di indifferenza o ostilità, dacché oggi la destra trova ogni ragione per manifestare il proprio malcontento sulla sanità e su altre politiche liberali ispirate da Obama.

 

La reazione russa è di tiepida cautela e ostilità. L’annuncio di Obama è stato accolto ufficialmente soltanto dal ministro degli Esteri Sergej Lavrov, che ha tuttavia avvertito che la Russia si riserva il diritto di recedere dal trattato se riterrà che i missili ABM statunitensi costituiranno una minaccia. Sì, Obama ha fatto un passo indietro riguardo la base missilistica – originariamente un progetto dell’amministrazione Bush – in Repubblica Ceca e Polonia. Ma d’improvviso, fuori dall’ignoto spazio profondo, la Romania e la Bulgaria hanno affermato che accoglierebbero al loro posto le basi entro il 2015, e la Polonia ha invitato gli Stati Uniti a posizionare lì le truppe in una nuova base. Che coincidenza. A discapito della dichiarazione dell’ultimo minuto che suonava come un contentino per i Russi, il sottosegretario di Stato nordamericano per il controllo delle armi e per gli affari di sicurezza internazionale Ellen Tausher si è affrettata a sottolineare che non ci sarebbero state restrizioni in merito all’espansione degli schieramenti di missili intercettori.

 

Sostituirà l’accordo del 1991, scaduto lo scorso dicembre e che sembrava non sarebbe stato rinnovato, con crescente allarme in Russia in merito al sistema di difesa missilistica statunitense in rapido sviluppo in tutto il mondo. Ciò assomigliava molto più ad una strategia USA/NATO per intimidire la Russia, piuttosto che l’obiettivo prefissato: l’Iran. Il numero di testate belliche strategiche schierate sarà ridotto del 30 per cento a 1.500 e i lanciamissili della metà da entrambe le parti.

 

Con un colpo diretto a tutte le nazioni che possiedono o aspirano a possedere equipaggiamenti nucleari, il presidente russo Dmitri Medvedev e Obama hanno affermato: “Invitiamo le altre potenze nucleari a seguire l’esempio della Russia e degli Stati Uniti e iniziare a ridurre i loro arsenali nucleari.” Perlomeno l’accordo comunica un messaggio positivo ai membri del Trattato di non Proliferazione (TNP), attualmente in rotta di collisione: la speranza di Obama di liberare il mondo dalle armi nucleari è sincera. La Gran Bretagna e la Francia, l’Iran e la Corea del Nord, il Pakistan e l’India, ma più di tutti Israele ne prendono atto: la Russia e gli Stati Uniti si muovono per una volta all’unisono. E dopo l’attentato suicida della scorsa settimana a Mosca, i due presidenti potrebbero far fronte comune anche sul terrorismo non nucleare, portandoli verso un’azione congiunta più ferma su alcune altre fonti di terrorismo.

 

Se il Senato ratificherà il trattato – è necessaria una maggioranza di due terzi – è in dubbio. Il senatore repubblicano John Kyl ha già scritto ad Obama che ciò non avverrà se anche soltanto apparisse menzione della sigla “m.d.” (difesa missilistica). Tuttavia Obama può nascondersi dietro le parole del Capo di Stato Maggiore, l’ammiraglio Mike Mullen: “Mediante la flessibilità che conserva, questo trattato accresce la nostra capacità di fare quello per cui noi siamo in carica: proteggere e difendere i cittadini degli Stati Uniti.” La Casa Bianca deve ancora comunicare l’effettiva dicitura “m d”. In ogni caso, abbiamo la parola d’onore della pacifista Ellen che gli Stati Uniti possono ancora disseminare il mondo di loro basi.

 

Se la Duma ratificherà è ugualmente poco chiaro. Sottolineandone l’importanza per il futuro del TNP, Andrej Klimov, deputato membro della Commissione per gli Affari Esteri della Duma di Stato afferma che “è molto importante raggiungere questo accordo perché costituisce un esempio per le altre nazioni.” Anche il generale Nikolaj Makarov, il capo di Stato Maggiore russo, si è espresso in favore del patto, asserendo che questo trattato “eliminerà le preoccupazioni da entrambi i lati e che è totalmente allineato con gli interessi della Russia sulla sicurezza.” Con lo humor inglese che lo contraddistingue Lavrov ha decretato che “niente in questo trattato contiene clausole che facilitino gli Stati Uniti nello sviluppo di uno scudo missilistico che costituirà un rischio per la Russia.”

 

Ma sebbene Makarov abbia dato il proprio supporto a Medvedev per il trattato, ha anche avvertito che “se gli Statunitensi continuano ad espandere le loro difese missilistiche, sicuramente avranno come obiettivo il nostro potenziale nucleare e in questo caso l’equilibrio delle forze si sposterebbe in favore degli Stati Uniti.” Questo è in linea con la risoluzione della Duma dello scorso mese, che minaccia di non ratificare il trattato. Konstantin Kosačëv, capo della Commissione per le relazioni internazionali della Duma di Stato, dice: “Se la connessione fra il trattato per la riduzione delle armi strategiche e la difesa missilistica non è definita dettagliatamente dalle parti al momento della stesura, si creeranno automaticamente ostacoli per la successiva ratifica.”

 

In una provocazione alla Russia, il segretario di stato degli USA Hillary Clinton ha proposto che la Russia e la NATO possano lavorare ad un sistema di difesa missilistica comune. Kosakov non ha raccolto. “Sfortunatamente non so niente del sistema di difesa missilistica della NATO”, ha affermato irritato, “so molto del sistema di difesa missilistica degli USA, ma niente del sistema della NATO.”

 

Una vittoria cruciale per il laureato Nobel, che convoca, il 12 Aprile a Washington, un summit di 40 nazioni sulla sicurezza nucleare. Per Obama “non firmare un trattato prima di partecipare alla conferenza di Washington sarebbe un colpo alla sua credibilità”, afferma Oksana Antonenko, un’analista politico dell’International Institute for Strategic Studies. Tale pressione rende conto delle minori concessioni fatte dagli Stati Uniti ai Russi nel corso degli ultimi mesi.

 

Inoltre Medvedev ha bisogno di qualcosa di cui fare sfoggio nella scalata alle presidenziali russe del 2012. Malgrado i cattivi presentimenti, il Cremlino sembra aver gettato la spugna e accettare qualsiasi tipo di concessione sia possibile strappare ad un avido Obama prima che sia sostanzialmente troppo tardi: la menzione salva-faccia “m d” e un meccanismo di ispezione meno invadente. Non c’è dubbio che questa sia la logica in atto, se si considera che il 73 per cento dei russi, in un recente sondaggio, vede Washington come un aggressore che tenta di affermare il controllo su ogni nazione, e i dirigenti politici russi certamente fanno parte di quella maggioranza. Per quanto riguarda noi altri, fornisce perlomeno un necessario incoraggiamento al TNP.

 

Il trattato in sé non è propriamente un passo in avanti. Non è indirizzato verso la fondamentale divergenza tra le strategie nucleari americane e russe. “Siamo di fronte ad un panorama strategico molto differente da quello in cui vennero negoziati i precedenti accordi sul controllo degli armamenti”, dice Aleksandr Konovalov, presidente dell’Istituto per gli Accertamenti Strategici con sede a Mosca. “L’America ha sempre minor bisogno di armi nucleari, in quanto sta spostando l’attenzione verso armi convenzionali ad alta precisione sia di tipo difensivo che offensivo. La Russia, d’altro canto, fa sempre maggior affidamento sul suo deterrente nucleare come fondamento della nostra sicurezza nazionale.”

 

Gli esperti di sicurezza russi ricordano che il controllo degli armamenti nell’era della Guerra Fredda iniziò con il Trattato Anti Missili Balistici del 1972, che limitò l’avanzamento dei lavori sulle armi di difesa. La logica che sottostava ai seguenti accordi SALT e START era fondata sulla certezza che nessuna delle due parti era in grado di difendersi da un attacco nucleare e perciò non avevano altra scelta che negoziare i controlli sulle armi offensive. Ma nel 2001 il presidente George W. Bush ha alterato radicalmente il panorama strategico recedendo in modo unilaterale dal Trattato ABM.

 

In risposta a questa aggressione militare statunitense, la Russia ha recentemente modificato la propria dottrina militare al fine di ridurre la soglia per l’uso delle armi nucleari. Gli esperti affermano che questa dipendenza dalle forze nucleari in crescita fa pensare che le forze armate russe possano opporre resistenza ad ulteriori tagli, anche se Medvedev ha sottoscritto pubblicamente la campagna di Obama per la completa abolizione delle armi nucleari.

 

Il dilemma per i Russi è che non hanno alcun bisogno di questi costosi albatros che ormai invecchiano, se non per aver qualcosa da brandire contro gli Stati Uniti nel caso marciassero qua e là, inviando minacce e invadendo nazioni a volontà. Sarebbero ben lieti di vedere la loro fine, anche se per ragioni ben differenti da quelle del Pentagono, che ha un pozzo senza fondo pieno di dollari e, come teme Kovalov, è impegnato a sviluppare giocattoli di più alta precisione.

 

Il timore segreto dei Russi è che questo trattato venga percepito come un segnale della loro debolezza, incoraggiando ulteriore arroganza da parte degli USA. “È sempre meraviglioso vedere amichevoli strette di mano intorno a sé”, afferma Pëtr Romanov della RIA-Novosti. “Ma per coloro che ricordano gli ultimi sprazzi dell’era della Guerra Fredda, quando Gorbačëv fece concessioni al fine di andare incontro agli interessi americani per rompere la cortina di ferro, c’è un’atmosfera tesa di aspettativa.”

 

Poiché il primo ministro Vladimir Putin e Medvedev manovrano per garantirsi il supporto alle elezioni presidenziali del 2012, l’accordo – se riesce a superare tutti gli ostacoli – potrebbe avere ripercussioni su Medvedev. Potrebbe scomparire lasciando spazio a problemi più pressanti, come l’attentato suicida sulla metro, che invadono i titoli dei giornali. O può essere l’inizio di una più serrata cooperazione tra gli Stati Uniti e la Russia sul terrorismo non nucleare se la ferita cecena continua a suppurare.

 

(traduzione di Irene Peruzzi)

 

* Eric Walberg, giornalista, collabora col settimanale egiziano in lingua inglese “Al-Ahram Weekly”

http://www.eurasia-rivista.org/3723/trattato-start-tra-usa-e-russia-un-barlume-di-intesa

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Canadian Eric Walberg is known worldwide as a journalist specializing in the Middle East, Central Asia and Russia. A graduate of University of Toronto and Cambridge in economics, he has been writing on East-West relations since the 1980s.

He has lived in both the Soviet Union and Russia, and then Uzbekistan, as a UN adviser, writer, translator and lecturer. Presently a writer for the foremost Cairo newspaper, Al Ahram, he is also a regular contributor to Counterpunch, Dissident Voice, Global Research, Al-Jazeerah and Turkish Weekly, and is a commentator on Voice of the Cape radio.

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